AI, formazione e soft skills – intervista a Federico Amicucci (Skilla)

L’Intelligenza Artificiale, integrata alle più sofisticate tecnologie, sta cambiando il modo di lavorare in modo universale, che si tratti di piccole, medie o grandi imprese. Spesso ci appare come un tema vasto e sconfinato che ci proietta nel futuro. Per capirne meglio le diverse inclinazioni ci siamo rivolti a Federico Amicucci, consulente e formatore di competenze digitali.

Federico coltiva sin da piccolo la passione per le tecnologie e, a soli 19 anni, attraverso il progetto Internet Saloon, forma 1500 persone all’utilizzo del web e del computer. Nel 2012 fonda il progetto Netwill per aiutare le organizzazioni a familiarizzare con la tecnologia attraverso percorsi di Reverse Mentoring. È un consulente di Digital marketing e partner della start up “Apropositodime.com”. È Project Manager presso la Amicucci Formazione dove, per le multinazionali e per le più grandi aziende italiane, cura proprio le soluzioni dedicate alla diffusione delle competenze digitali. Dal 2018 si sta occupando di internazionalizzazione di nuovi mercati.

Come si innesta l’intelligenza artificiale con la formazione? Si utilizza l’intelligenza artificiale per fare formazione o per formare le persone rispetto a tematiche digitali?

L’Intelligenza artificiale è utile in entrambe le prospettive. A livello di formazione ci stiamo muovendo verso il tema dell’Adaptive Learning cioè dell’apprendimento adattivo, che ci consente di degli algoritmi che offrono ad ogni singolo partecipante un percorso personalizzato in base alle proprie esigenze e caratteristiche.

Quali sono gli argomenti e i contenuti in un corso di intelligenza artificiale?

Sul tema dell’intelligenza artificiale facciamo un lavoro di divulgazione e sensibilizzazione, cercando di offrirne una definizione completa. Oggi ad esempio in molte Factory si sta utilizzando sempre di più il servizio di AI per il controllo qualità; si parla molto di manutenzione predittiva, e quindi cerchiamo di raccontare quale potrebbe essere il futuro di un lavoratore. In altri contesti, invece, andiamo a raccontare quali sono le diverse tipologie di algoritmi che sottostanno ad un’intelligenza artificiale e le loro possibili applicazioni.

Avete riscontrato delle resistenze rispetto all’IA? Emergono paure o sentimenti che avete registrato o raccolto?

Se noi parliamo di AI rispetto alle applicazioni, vediamo che le persone si divertono e si lasciano coinvolgere. Ma in alcuni contesti c’è la paura di essere sostituiti, anche se non ben identificata. Se noi parliamo di tecnologia in sé, le persone sono divertite. L’AI non è un robot che fa tutto o che sostituisce qualunque lavoro e qualsiasi processo umano. Ci sono sempre delle persone dietro alla programmazione di algoritmi. Per noi è importante condividere dei video che raccontano di noi e di altri gruppi di ricerca che lavorano a questi processi. Da una parte c’è ansia, una tecno fobia, un tecno stress, dall’altra le persone sono incuriosite e divertite dalle nuove funzionalità delle tecnologie. E’ importante fornire gli strumenti per gestire le ansie da tecnologia, ma al tempo stesso bisogna incoraggiare l’entusiasmo verso queste ultime. Cerchiamo di far vivere l’AI non come fine, ma come strumento, che può essere utile al raggiungimento degli obiettivi che sono a tutti gli effetti umani.

Rispetto al tema dei percorsi adattivi e personalizzati, qual è il ruolo del formatore?

L’apprendimento a distanza non fa scomparire il ruolo del formatore, ma semplicemente lo trasforma. Il formatore diventa un facilitatore che permette di fare delle esercitazioni che in alcuni casi è difficile fare a distanza. Il Digital Learning è uno strumento potente che permette di offrire dei percorsi personalizzati sulla base di caratteristiche personali. Non si tratta solo di offrire alla persona il format che preferisce, ma anche cercare di creare dei percorsi sulla base del tempo che una persona a disposizione o offrire dei suggerimenti.

Ci sono fasce d’età che rispondo in maniera più adeguata e positiva rispetto alla consapevolezza relativa all’utilizzo di questi strumenti sempre più sofisticati? C’è una differenza generazionale?

È vero che le tecnologie sono sempre più sofisticate, ma noi cerchiamo di rendere più semplice possibile la soluzione all’utente, l’idea è di massimizzare l’accessibilità alla persona. Per quanto riguarda la differenza generazionale so che la soluzione più semplice sarebbe dire che le persone più giovani sono più propense ad utilizzarle, in verità non è così. Ci sono delle differenze importanti riguardo la durata; ad esempio le persone più giovani preferiscono contenuti molto brevi e veloci, mentre altre persone, abituate a modelli di apprendimento più tradizionali, hanno la necessità di un approfondimento e di un percorso più lineare. Nell’utilizzo delle tecnologie non troviamo grosse differenze riguardanti l’età. Ricordiamoci che un ragazzo che esce dall’università è la persona che più è stata abituata, dopo anni di studio, ad ascoltare passivamente quello che un docente gli ha fornito attraverso una lezione frontale, cioè il modo più classico e forse oggi più superato di apprendere.

Rispetto all’apprendimento e alla formazione le scuole e le università a che punto sono? Quali sono le sfide che stanno affrontando e quelle su cui sono ancora molto lontane?

Il modello didattico con cui l’Università e la scuola sono cresciute è abbastanza lontano dai nuovi modelli didattici più interattivi. Il docente non si percepisce mai come il facilitatore della lezione. In alcune scuole addirittura ancora proibito l’utilizzo dello smartphone in classe. Più che vietare bisogna educare. In realtà oggi se ne inizia a parlare. Noi stiamo facendo delle sperimentazioni con l’Università Bicocca e l’Università di Reggio Emilia dove è nato il primo corso di Digital Education curato dal Professor Tommaso Minerva, però c’è ancora molto lavoro da fare per portare alcune tecnologie utili a facilitare moltissimo l’apprendimento.

Quanto, attraverso gli strumenti che utilizzate, la diversità delle persone emerge e viene valorizzata?

Qui confermo che il tema dalla Diversity è un tema centrale, ci sono moltissime richieste. È importante sensibilizzare al tema della diversità perché è ampio. La tecnologia in questo ci aiuta. Ci stiamo avvicinando a tecnologie sempre più accessibili, per permettere a tutte le persone di accedere alla formazione e per questo direi che portano ad un contribuito altissimo. Basti pensare ai lettori semantici che vanno direttamente a leggere un testo e permettono alle persone non vedenti di fruire di un contenuto, o ai sottotitoli che vengono inseriti in modo automatico in un contenuto audio/video. Su questo fronte è assolutamente forte e utile la tecnologia. Ci consente di superare gap che oggettivamente abbiamo avuto.

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