L’esperienza di BHR alla tavola rotonda “Sistema lavoro al Sud. Le comunità lavorative per la restanza”

Promuovere lo sviluppo socio-economico delle aree interne e del Meridione d’Italia attraverso nuovi modelli di lavoro che mettono al centro il “remote working” e la creazione di comunità lavorative sul territorio.

È stato questo l’obiettivo della tavola rotonda “Sistema lavoro al Sud. Le comunità lavorative per la restanza”, organizzata dall’impresa sociale Obiettivo Remain lo scorso 19 maggio a Salerno.

Un evento al quale ha preso parte, tra gli altri, Giulia Borgherese, CEO di Borgherese HR Designer, rimarcando il “cambio radicale di paradigma del mondo del lavoro, inteso come liturgie, abitudini, processi, stili manageriali, linguaggi e modalità organizzative”.

A ben vedere, infatti, “nei 10 anni 2012-2021 sono stati circa 1 milione e 138mila i movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole verso il Centro-nord”, a fronte di “circa 613mila sulla rotta inversa. Il bilancio tra uscite ed entrate si è tradotto, quindi, in una perdita netta di 525mila residenti per il Mezzogiorno” [dati Istat].

Una vera e propria emorragia di risorse e talenti che sembrerebbe inarrestabile. Ma è possibile invertire il trend? Come si trattengono al Sud e nelle aree interne migliaia di giovani che non vogliono abbandonare i territori in cui sono cresciuti? E come si bilancia l’endemica carenza di risorse qualificate che affligge aree a forte densità imprenditoriale nel Nord del Paese?

La discussione ha coinvolto un ricco panel di ospiti, coordinato dal presidente di Obiettivo Remain, Massimo Di Filippo, focalizzandosi sulle modalità attraverso le quali centinaia di giovani possono rimanere nelle zone di provenienza svolgendo efficacemente il loro lavoro. Come? Attraverso “comunità lavorative” sparse in tutto il Paese incentrate sullo smart working e la condivisione di spazi (es. rebox).

Strumenti sicuramente validi che vanno però accompagnati da un ripensamento a 360 gradi del sistema lavoro. “Un’azienda oggi non acquisisce più ore di lavoro e difficilmente fornisce unicamente task da eseguire, ma richiede ingaggio e cooperazione, autoformazione mirata all’acquisizione di competenze verticali e specifiche, creatività ed empatia, capacità di networking – ha sottolineato Giulia Borgherese – Questi sono elementi che differenziano il contributo umano, da quello che potrebbe svolgere un’intelligenza artificiale come chat gpt”.

Per poi aggiungere: Sostenibilità, ricadute positive sul territorio e la comunità, inclusione, opportunità di crescita personale e professionale, il purpose dell’impresa oggi, agli occhi delle nuove generazioni, in particolare per millenials e generazione Z, rappresentano un elemento essenziale nella scelta del posto giusto dove lavorare”.

“Spesso i tentativi ansiosi di molte organizzazioni di arginare l’emorragia di talenti con soluzioni quick fix quali aumenti salariali o maggiori benefit non tengono conto delle ragioni più profonde del disagio – ha concluso Borgherese – Salute e wellbeing, lavoro dignitoso, meno diseguaglianze, città sostenibili, energia pulita, consumo e produzioni responsabili, azione sul clima… Questa presa di responsabilità dei lavoratori ci impone di adeguare le nostre organizzazioni, se desideriamo attrarre e trattenere talenti e avere le giuste condizioni per evolvere”.