Competenze non cognitive: cosa sono? E perché se ne parla tanto?

C’è un corpo emergente di prove che mostra, come è intuitivamente ovvio e di buon senso, che per avere successo nella vita è necessaria molto più dell’intelligenza. Le abilità cognitive contano, ma ci sono anche la motivazione, la socialità, la capacità di lavorare con gli altri, l’attenzione, l’autocontrollo, l’autostima, la capacità di differire la gratificazione: queste cose contano molto. Le soft skill contano: possono essere modellate, e sono fortemente predittive. Insieme alle capacità cognitive, determinano il successo a scuola, nel lavoro e nella vita stessa.

Professor James Heckman, Premio Nobel per l’Economia. Università di Chicago, 16 dicembre 2010

Negli ultimi dieci anni si è parlato molto di competenze non cognitive (non-cognitive skills), anche grazie al contributo del Premio Nobel per l’economia James Heckman. In Italia, la tematica è arrivata in parlamento. Lo scorso 11 gennaio la Camera ha dato il via libera pressoché unanime a una proposta di legge che mira ad abilitare l’utilizzo e la valorizzazione delle competenze non cognitive in ambito didattico: 340 voti a favore, nessun contrario, cinque gli astenuti. Il testo approvato è ora al vaglio del Senato.

Nella proposta si parla di “competenze non cognitive (come amicalità, coscienziosità, stabilità emotiva, apertura mentale)”, spiegando come “tali competenze aiutano a sviluppare nell’alunno la creatività, l’attitudine alla risoluzione dei problemi, la capacità di giudizio e la capacità di organizzazione e di interazione”.

Ma cosa sono, di preciso, le competenze non cognitive?

Il prefisso “non” configura queste competenze come altro dalle competenze cognitive (linguistiche, matematiche, scientifiche, tecnologiche, digitali, ecc.) che riempiono normalmente le aule scolastiche. Si tratta di tratti individuali come l’apertura mentale, la resilienza, l’autoregolazione, la mentalità dinamica, lo spirito collaborativo, ed altre skill sociali ed emozionali che – quando affiancate dalle meglio note competenze cognitive – servono a plasmare un individuo a tutto tondo. 

Si tratta, in sintesi, di “life skills”: abilità di vita.

Quelle abilità che portano a comportamenti positivi, che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni. E in ultimo, fanno della persona un cittadino cosciente delle sue responsabilità.

Coltivare simili competenze dalla più tenera età, dunque, si rivelerebbe una strategia vincente con importanti ricadute tanto sui singoli quanto sulla società tutta. 

I beneficiari includono il settore pubblico, che in futuro non dovrà spendere tanto per la polizia, non dovrà spendere tanto per i costi dell’istruzione speciale e non dovrà spendere tanto per l’intervento dei giovani. Ma i vantaggi arriveranno anche al settore privato, che non dovrà spendere tanto per la formazione sul lavoro, non dovrà spendere tanto per la perdita di produttività e la perdita di efficienza. E ci sono vantaggi significativi, collettivi, dell’intero sistema, che derivano dagli investimenti nelle prime età di sviluppo dei bambini. Ci aspetteremmo, e davvero è necessario, che tutte le parti si presentino al tavolo per una conversazione razionale su come finanziare congiuntamente e collettivamente questo tipo di investimenti in modo da poter avere un futuro migliore come società.

David Pope, Village of Oak Park President. Da “Cognitive Skills are Not Enough”

Competenze non cognitive: una lista

Se le competenze cognitive sono tutte quelle abilità che “processano” informazioni (come le abilità di calcolo, verbali, logiche e di memorizzazione), le competenze non cognitive sono invece quelle abilità slegate dal processare dati. Esse fanno riferimento ad altri ambiti, come quello emotivo, psicosociale e delle caratteristiche della personalità. Eccone alcune:

  • Affidabilità
  • Amicalità
  • Apertura mentale
  • Attenzione
  • Autocontrollo
  • Autostima
  • Capacità di argomentare
  • Capacità di differire la gratificazione
  • Capacità di discernere
  • Capacità di interagire
  • Capacità di lavorare con gli altri
  • Capacità di prendere decisioni
  • Comunicazione efficace
  • Coscienziosità
  • Disponibilità a imparare
  • Empatia
  • Estroversione
  • Flessibilità
  • Gestione delle emozioni
  • Gestione dello stress
  • Impegno
  • Motivazione
  • Pensiero creativo
  • Pensiero critico
  • Perseveranza
  • Positività
  • Proattività
  • Problem solving
  • Socialità
  • Stabilità emotiva

E così via…

Noi di BHR vediamo nelle competenze non cognitive una chiave importante per lo sviluppo personale, lavorativo e sociale. Quando si fondono capacità cognitive e non cognitive ciò che si ottiene davvero è la capacità di aggiungere più valore a un’azienda o a un’impresa o alla propria realtà imprenditoriale. Le proprie skill vengono amplificate perché si guadagna in intelligenza collettiva, capacità di lavorare in team, flessibilità… Tutti elementi che fanno del risultato finale qualcosa di molto più grande della somma delle singole parti.  

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Eleonora Medica